giovedì 31 maggio 2012

IN MEMORIA DEI MORTI DEL SISMA IN EMILIA ROMAGNA



MAURO MANTOVANI
 MIRANDOLA (MO)

IVA CONTINI
DANIELA SALVIOLI
ENZO BORGHI
CAVEZZO (MO)

SERGIO COBELLINI
CONCORDIA (MO)

GIANNI BIGNARDI
KUMAN PAWAN
MUHAMED ARZAK
SAN FELICE (MO)

PAOLO SICLARI
GIORDANO VISCONTI
BIAGIO SANTUCCI
MATTEO SERRA
MEDOLLA (MO)

LI HONGLI ZHOU
ENEA GRILLI
EDDY BORGHI
VINCENZO IACONO
MIRANDOLA (MO)

DON IVAN MARTINI
ROVERETO DI NOVI (MO)


lunedì 28 maggio 2012

Relazione di Roberto Cenati all’Assemblea Presidenti di sezione Milano 26 maggio 2012


Stiamo entrando in un quadro  complesso e difficile, anche se non privo di alcune novità importanti. Anzitutto, la Francia. Ha vinto il socialista Hollande, seguace di Jacques Delors, il grande europeista.

Nei propositi del neo Presidente si intravede la Francia che l’ha votato. Non è stata quella ansiosa di ristabilire le frontiere, spesso sospettosa verso l’Europa colpevole di ridimensionare il concetto di nazione e, nelle sue punte estreme, venata da una xenofobia che Sarkozy, per recuperare i voti del Fronte Nazionale di Marine Le Pen (19% dei consensi), non ha approvato, ma ha accarezzato.

A parte la soddisfazione dei democratici di tutta Europa per il risultato delle elezioni in Francia, e per il successo dei socialdemocratici in Westfalia,  resta il fatto che le cose possono cambiare a livello europeo e qualche correzione può essere apportata agli indirizzi di un liberismo senza regole e di un rigore troppo rigido, non accompagnato da crescita e sviluppo.

A livello europeo, si aprono, dunque, orizzonti nuovi e non si può che prenderne atto, con soddisfazione e speranza.

Delicata, invece, la situazione della Grecia. Nel voto del 6 maggio che ha anche visto la preoccupante avanzata di Alba Dorata, il partito neonazista greco (7% dei voti e 21 seggi in Parlamento), la maggioranza del Paese ha rigettato la medicina dell’austerità che la Grecia sta ingerendo da due anni, senza alcun successo, ma anzi precipitandolo in una recessione funesta per la stessa democrazia:  una recessione che ricorda Weimar con pericoli di derive autoritarie all’orizzonte.

George Papandreu, dopo le dimissioni da primo ministro, sosteneva che solo europeizzando la crisi greca si sarebbe trovata la soluzione. Ma le sue parole caddero nel vuoto. Se la Grecia dovesse uscire dall’Europa sarebbe un fallimento per tutti, con gravissime ripercussioni sulle economie dei Paesi vicini: Spagna, Portogallo innanzitutto.  Vorrebbe dire che non siamo stati capaci di sormontare la prima esemplare rovina dei vecchi stati nazione e che non abbiamo fatto della Grecia un caso europeo. Vorrebbe dire che l’Europa non ha visto il nesso tra crisi dell’economia, della democrazia, della politica.

Lo stesso G8 appena terminato ha indicato la strada: l’Europa deve decidere non soltanto le politiche necessarie per riavviare e rilanciare la domanda e lo sviluppo come hanno chiesto sia Hollande che Obama, ma deve soprattutto accordarsi sul futuro dell’Unione. Tentazioni autoritarie stanno inoltre emergendo in vari punti del continente. Non possono essere ignorate e vanno combattute. Così pure l’indifferenza e il populismo che rafforza quelle tentazioni. A queste pulsioni bisogna contrapporre la responsabilità democratica, il rinnovamento riformatore. L’obiettivo è quello di costruire un’Europa democratica, politicamente ma anche socialmente unita, come abbiamo dichiarato nell’appello del 25 Aprile scorso. 

Il quadro politico in Italia

Venendo all’Italia il dato che emerge dalle elezioni amministrative è costituito dal mutamento strutturale del rapporto di forza tra i due poli, con il crollo del centro destra e della Lega. Fino a ieri, tra i comuni con più di 15 mila abitanti, il centrodestra ne amministrava 98, il centrosinistra 56. da oggi è l’opposto: il centrosinistra governa 95 città, il centrodestra solo 34. E’ il caso di Genova, Alessandria, Como, Piacenza, Lucca, L’Aquila, Palermo, Brindisi, Taranto. Nella nostra regione cadono le roccaforti del centrodestra a Monza, Como, Legnano, Lissone. Il centro-sinistra si conferma a Sesto San Giovanni e vince a Buccinasco, Abbiategrasso, Magenta, San Donato, Senago.

Clamoroso il successo dei movimenti che raccolgono la protesta, con pericolose caratterizzazioni antipolitiche e qualunquistiche, ma che non sanno indicare precisi e concreti sbocchi. E’ il caso del Movimento Cinque Stelle che ottiene il primo sindaco d’Italia a Parma. Altro dato da rilevare. A differenza di Grecia e Francia non c’è in Italia un partito di estrema destra in grado di catturare consensi consistenti e di affermarsi in modo significativo. Ma il dato forse più preoccupante è costituito dall’astensionismo. E’ questo un fenomeno estremamente grave, che può avere ripercussioni pericolose per la stessa tenuta democratica nel nostro Paese. E’ più che mai indispensabile che il baratro sempre più profondo che si è aperto tra cittadini – istituzioni - politica venga rapidamente colmato.

Compito di un’Associazione come la nostra è quello di rilanciare in una società che sta attraversando una profonda crisi etica il richiamo alla Costituzione repubblicana, ai valori della Resistenza e dell’ antifascismo che Vittorio Foa considerava come l’affermazione di una politica dotata di principi, restituendo all’impegno politico tensione ideale, progettualità e proiezione verso l’avvenire. Questi richiami sono troppo spesso assenti nel dibattito politico attuale. Basti pensare che nella terminologia ricorrente sono completamente scomparsi termini importanti  “come progresso materiale e spirituale della società”  ribaditi nella stessa Costituzione repubblicana, che attende ancora di essere attuata.

Il ruolo dell’ANPI che non può essere quello di partito politico, ma di coscienza critica della società, deve andare  nella direzione di richiamare la dimensione etica della politica che va posta al servizio del bene comune e non di interessi di parte, come ci ha insegnato l’intera vicenda resistenziale.

Enrico Berlinguer in un’intervista pubblicata su “la Repubblica” il 28 luglio del 1981, undici anni prima dell’inizio di Tangentopoli avvertiva già i pericoli incombenti sulla nostra democrazia e sosteneva : “I partiti non fanno più politica. Hanno degenerato e questa è l’origine dei mali d’Italia. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani, oppure distorcendoli senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello: non sono più organizzazioni che promuovono la maturazione civile e l’iniziativa del popolo, ma piuttosto federazioni di correnti. La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendovi dei ladri, dei corrotti,  bisogna scovarli e denunciarli. La questione morale nell’Italia di oggi fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica. Ecco perché la questione morale è il centro del problema italiano ed ecco perché i partiti possono provare ad essere forze di serio rinnovamento politico soltanto se affronteranno in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche”.

I rischi eversivi


In questa delicata fase di grave crisi del Paese occorre anche aumentare la nostra vigilanza ed attenzione, a fronte di altri gravi fenomeni che si stanno verificando.

Ci riferiamo al sanguinoso attentato avvenuto Sabato 19 Maggio 2012 a Brindisi all’entrata della Scuola Morvillo Falcone che ha provocato la morte di una ragazza di 16 anni e il ferimento di altre dieci. E’ la prima volta che viene colpita e violata una scuola nel nostro Paese, con l’obiettivo di creare paura in un luogo considerato da tutti sacro e inviolabile. Quello di Brindisi è un attentato odioso, non soltanto perché si prefiggeva di compiere una strage di giovanissimi studenti, ma perché rappresenta  un attacco violento alla cultura, strumento indispensabile per combattere la barbarie. E’ nella scuola infatti che si formano le coscienze dei giovani, ai quali vengono forniti quegli strumenti culturali e critici in grado di analizzare e capire la realtà. Antonino Caponnetto, il padre del pool antimafia di Palermo  diceva che i violenti, i mafiosi, i terroristi temono più le scuole che le aule di giustizia. E nei giorni in cui  era prefetto di Palermo, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa impiegava una parte importante del proprio prezioso tempo per recarsi nelle scuole e sensibilizzare i ragazzi sull’importanza di una cultura della legalità da contrapporre a un  fenomeno drammatico come quello della criminalità mafiosa.

Gravissimo è  l’attentato compiuto a Genova il 7 Maggio 2012  nei confronti di Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare. L’attentato è stato rivendicato dalla Federazione anarchica informale che preannuncia di voler colpire altre sette volte. La nostra ferma condanna si estende anche ai numerosi atti di violenza e intimidazione contro le sedi di Equitalia. C’è da allarmarsi perchè non vorremmo che incominciasse un'altra stagione di stragi, attentati e di atti terroristici. Una preoccupazione fondata, dunque, che deve metterci all’erta, farci avvertiti dei pericoli e che richiede una ferma risposta unitaria di tutte le forze democratiche per la difesa della legalità.
Manifestazione nazionale a Roma di CGIL-CISL-UIL su Costituzione e lavoro il 2 Giugno 2012

Abbiamo appreso, con piacere, che le grandi Confederazioni hanno ritrovato l’unità e faranno insieme una grande manifestazione il 2 giugno su sviluppo e lavoro, giorno in cui festeggiamo la Repubblica e la Costituzione. Fra l’altro, quest’anno sarà impossibile realizzare la manifestazione unitaria e pluralista degli anni scorsi, a Milano, per la presenza – in quei giorni – nella nostra città, del Pontefice con una serie di manifestazioni e di iniziative che intendiamo rispettare.

Il Comitato milanese 2 giugno per la Costituzione ha inviato una lettera alle Segreterie nazionali di CGIL-CISL-UIL, nella quale ribadisce la volontà, per il prossimo anno, di riproporre la manifestazione a Milano per la festa della Repubblica e della Costituzione, ma questa volta chiedendo anche a CISL e UIL di parteciparvi.

Rendo nota, inoltre, una decisione molto importante della Curia di Milano. Domenica 27 maggio 2012 alle ore 17,00 una corona verrà posta da Monsignor De Scalzi, a nome della Diocesi Milanese, al Monumento del Deportato al Parco Nord. All’iniziativa sono stati invitati il Presidente della Provincia di Milano, i Sindaci di Milano, di Cinisello Balsamo, di Bresso, di Sesto San Giovanni, di Cusano Milanino, di Cormano, l’ANPI e l’ANED.

La difesa del principio della divisione e dell’equilibrio dei poteri

Il 2 Giugno costituirà per noi l’occasione per manifestare, ancora una volta il nostro appassionato legame alla Costituzione italiana, guida e faro sicuro e intangibile della nostra convivenza civile. E ancora una volta ribadiremo il nostro antifascismo, contro ogni tendenza o vocazione populista e autoritaria e contro ogni rigurgito di neofascismo e neonazismo.

Sarà, ancora una volta, l’occasione per ribadire che la Costituzione italiana è fondata sul lavoro e garantisce l’esplicazione di tutti i diritti, civili, politici, sociali ed umani. E’ a questo imperativo categorico che debbono ubbidire i governi del Paese, perché è la Carta costituzionale che costituisce la guida e il punto di riferimento dell’intera vita del nostro Paese.
Dobbiamo comunque essere molto attenti contro i pericoli di modifica della nostra Carta Costituzionale, difendendo il principio della divisione e dell’equilibrio dei tre poteri su cui si fonda la nostra democrazia. E’ di questi giorni la notizia che Berlusconi ha rilanciato la proposta dell’elezione diretta del capo dello Stato (semi-presidenzialismo alla francese), mentre anche Montezemolo che sta lavorando alla costruzione di una nuova formazione politica “Italia Futura”, pensa alla riforma dello Stato e al lancio di una Assemblea Costituente. Ma ancor prima che ciò trapelasse, in un articolo apparso sul “Corriere della Sera” il 18 maggio 2012, dal significativo titolo “La Costituzione non è merce di scambio”, il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida metteva in guardia dalla possibilità che venga approvato, nel silenzio generale, come avvenuto a proposito della modifica in tema di equilibrio del bilancio varata con la legge costituzionale n. 1 del 2012, un progetto di riforma costituzionale, in discussione nella Commissione Affari Costituzionali del Senato,  che metterebbe mano a parti centrali e delicate dell’impianto costituzionale. In particolare nel progetto vengono toccati punti che riguardano anche il rafforzamento dei poteri del governo. La tesi secondo cui il Presidente del Consiglio avrebbe oggi troppo pochi poteri è in realtà non vera. I poteri istituzionali (quelli politici effettivi dipendono da fattori politici) del primo ministro sono tutt’altro che scarsi nel regime parlamentare che ci caratterizza (basti pensare alla questione di fiducia che il Presidente del Consiglio può porre davanti alla Camere). Tali poteri diventerebbero ancor più consistenti se si modificassero le regole sui procedimenti legislativi. C’è invece un provvedimento che questo Parlamento non dovrebbe tardare ad approvare: ed è una diversa legge elettorale. Ma questo non ha a che fare con le modifiche della Costituzione, semmai con una sua migliore attuazione.

Festa Nazionale ANPI a Marzabotto

 “un luogo che parla da sé, un concentrato simbolico fortissimo”.

Il 29 settembre 1944  Marzabotto fu la tragica tappa finale di una «marcia della morte» che era iniziata in Versilia. La strage che assunse simbolicamente il nome di Marzabotto anche se i paesi colpiti furono molti di più, fu compiuta dalle SS del maggiore Walter Reder, cui si erano uniti, in Lunigiana anche elementi delle Brigate nere di Carrara. L'esercito alleato indugiava davanti alla Linea Gotica e il maresciallo Albert Kesserling, per proteggersi dall'«incubo» dei partigiani, aveva ordinato di fare “terra bruciata” alle sue spalle.

Il programma della festa prevede momenti importanti: un dibattito sulle stragi nazifasciste, sulla normalità della Resistenza, sulla legalità e le mafie, sui rigurgiti neofascisti e neonazisti.
L’ANPI Lombardia avrà un proprio stand. L’ANPI di Milano ha organizzato un pullman per Sabato 16 Giugno 2012 e l’ANPI di Sesto un pullman per Domenica 17 Giugno 2012.

Piano di lavoro

Per quanto riguarda il tesseramento abbiamo ad oggi consegnato alle Sezioni di Milano e Provincia  un numero di tessere superiore agli iscritti dello scorso anno: oltre 9.341, contro i 9.319 del 2011;. ma mancano ancora diversi mesi che ci separano dalla chiusura della campagna del tesseramento. Nuove sezioni sono state aperte in città e in Provincia. E’ stata anche costituita sui luoghi di lavoro la Sezione della Telecom.

Recentemente è stato approvato, dopo 68 anni, il regolamento nazionale della nostra Associazione, la cui bozza era stata sottoposta ed approvata, con alcune modifiche, dal Comitato provinciale di Milano.

A giugno dovremo convocare il Comitato Permanente Antifascista per l’organizzazione della manifestazione che ogni anno promuoviamo il 10 agosto, nella ricorrenza dell’eccidio dei 15 Martiri in piazzale Loreto.

Ad ottobre prevediamo l’avvio del corso dedicato alla Resistenza europea e al revisionismo che sarà tenuto dai professori Luigi Ganapini e Luigi Borgomaneri.  


giovedì 24 maggio 2012

2 GIUGNO 2012 - EVVIVA LA REPUBBLICA ITALIANA

L'ANPI di Trezzo sull'Adda organizza un flashmob (riunione, che si dissolve nel giro di poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico) per la Festa della Repubblica del 2 giugno 2012. Il percorso sarà il seguente:

sabato 2 giugno ore 10 ritrovo in via Biffi ...
(nei pressi dell'edicola) I tappa
via Gramsci davanti alla lapide ai caduti delle scuole elementari II tappa
piazza Crivelli III tappa
piazza LIbertà IV tappa
piazza S. Stefano V tappa
Municipio VI ed ultima tappa

La sosta nello spazio pubblico dovrà essere tale da non intralciare la viabilità, gli spostamenti dovranno essere anch'essi ordinati e rispettosi della viabilità.

Durante la riunione l'unica persona dotata di movimento sarà l'oratore, diverso ad ogni tappa, tutti gli altri partecipanti si disporranno fermi nella posizione che meglio crederanno.

Ogni tappa durerà dai 3 ai 5 minuti durante i quali verranno letti dei brani. L'ultima lettura, in Municipio, riguarderà i primi 12 articoli della Costituzione italiana.

Sono invitati, sindacati, partiti, liste civiche, associazioni e ovviamente semplici cittadini.

Unica bandiera consentita quella italiana.

Partecipate numerosi, invitate più persone possibili.

P.s: chi fosse in possesso di un megafono è pregato gentilemente di portarlo in modo da non far sgolare l'oratore, altrimenti useremo i nostri potenti polmoni.



24 MAGGIO 2012 FUNERALI DI STATO PER PLACIDO RIZZOTTO



CORLEONE (PALERMO) – La sera del 10 marzo 1948 Placido Rizzotto, sindacalista socialista, 34 anni, fu sequestrato da un gruppo di persone guidato dal giovane mafioso Luciano Leggio detto Liggio. Lo circondarono in strada a Corleone, lo caricarono sulla 1100 di Liggio, lo portarono in una fattoria di Contrada Malvello, lo picchiarono a sangue e gli fracassarono il cranio. Poi buttarono il suo corpo in una foiba di Rocca Busambra.
Presi dalla furia del pestaggio, non si erano accorti che all’assassinio aveva assistito un piccolo pastore, Giuseppe Letizia, 12 anni. Che tornò a casa sconvolto dalla scena. Il padre scambiò i suoi vani tentativi di raccontare quello che aveva visto per un delirio febbrile e lo portò il 13 marzo all’ambulatorio del dottor Michele Navarra, che dichiarò che il ragazzino non aveva nulla, ma capì molto bene il suo racconto: Navarra era il padrino di Corleone e Liggio era affiliato alla sua cosca.
Gli fece, “per sbaglio”, un’iniezione d’aria. Letale, stando al rapporto del dottor Ignazio Dall’Aira, che ne constatò la morte il giorno dopo, per “tossicosi”. Chi indagò sul delitto Rizzotto non potè però contare sulla testimonianza di Dall’Aira, che improvvisamente partì per l’Australia e non tornò più in Italia.
Chi indagò sul delitto era il capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e non fu l’unica biografia o vicenda storica importante a incrociare l’assassinio di Placido Rizzotto. Dalla Chiesa fu ucciso in un attentato a Palermo nel 1982, perché voleva fare con Cosa Nostra quello che gli era riuscito con le Brigate Rosse. Il posto di Placido Rizzotto alla guida della Camera del Lavoro di Corleone fu preso dal comunista Pio La Torre, anch’egli ucciso dalla mafia nel 1982. Mentre il giovane Luciano Liggio fece una grande “carriera” nella mafia: fece uccidere Navarra, diventando il capo del clan dei corleonesi. Poi, insieme ai “compari” Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano e Totò Riina, si “prese” Cosa Nostra.
Ma riavvolgiamo il nastro degli avvenimenti al 1914, anno di nascita di Placido Rizzotto. Il piccolo Placido da subito non ebbe vita facile, perché, nato povero, a sette anni rimase orfano di madre e a otto gli toccò assistere alla scena del padre portato via dai carabinieri, ingiustamente accusato di associazione a delinquere. Con queste premesse il fronte della seconda guerra mondiale dovette sembrargli contesto non così terribile. Infatti in guerra si distinse, arrivando sui monti della Carnia come caporale e diventando prima caporal maggiore e poi sergente. Dopo l’armistizio, Rizzotto passò con i partigiani, unendosi alle Brigate Garibaldi come socialista.
La sua resistenza continuò anche quando tornò in Sicilia, dove venne eletto presidente dell’associazione combattenti e reduci, l’Anpi di Palermo e della Camera del lavoro di Corleone. In quegli anni, dal 1944 al 1950, furono tanti i sindacalisti, i militanti dei partiti di sinistra e i contadini uccisi per mano mafiosa e mandante spesso ignoto. Assassinati per la terra. Tutto era iniziato il 19 ottobre 1944, quando il ministro dell’Agricoltura del governo Badoglio, il comunista Pietro Gullo, firmò un decreto in cui si stabiliva che le terre incolte o mal coltivate dagli agrari, dai latifondisti, venissero assegnate alle cooperative di contadini. Una legge valida nel resto d’Italia, un po’ meno in Sicilia. Quello stesso giorno a Palermo, mentre il decreto Gullo entrava in vigore, un plotone del 139° Reggimento fanteria della Divisione “Sabaudia” sparò sulla folla che protestava per la mancanza di pane: 24 morti e ben 158 feriti, tra cui donne e bambini.
In Sicilia i contadini si trovarono fra due fuochi: da una parte la nobiltà e il baronato latifondista, che avevano nella mafia il custode dello status quo, ovvero delle loro proprietà. Dall’altra polizia e carabinieri. Cosa succedeva? Che i mafiosi si opponevano con violenza all’applicazione della legge Gullo. E quando i contadini riuscivano comunque a occupare un pezzo di terra, arrivavano le forze dell’ordine ad arrestarli per “invasione di terre”, perché per essere assegnate dovevano essere dichiarate ufficialmente “incolte”. Contadini, sindacalisti e militanti erano fra il martello della lupara e l’incudine delle manette. Ha scritto Marcello Sorgi su La Stampa:
Mentre il movente “politico” o “mafioso” degli assassinii dei contadini difficilmente veniva riconosciuto, la natura “politica” di sovvertimento dell’ordine pubblico delle occupazioni era utilizzata per prolungare la carcerazione preventiva degli arrestati: aggravando, con l’assenza dei capifamiglia, la condizione dei loro parenti. Così, quando non erano le lupare a tuonare (vedi la strage di Portella della Ginestra), la battaglia simbolica per l’occupazione delle terre generava presto interminabili contese giudiziarie, con giovani e squattrinati avvocati di sinistra impegnati a difendere i contadini nelle aule di giustizia, dove gli agrari avevano al loro fianco gli avvocatoni monarchici, liberali e democristiani, membri a tutti gli effetti del potere dominante. Ho memoria personale e familiare di quelle vicende perché mio padre Nino Sorgi, penalista, in quel fatale ’48 in cui le vittime della lotta per la terra cominciavano a moltiplicarsi a decine, a soli 26 anni con i colleghi Antonino Varvaro e Francesco Taormina fondò il “comitato di solidarietà”, che doveva assistere gli arrestati per le occupazioni e rappresentare le parti civili, cioè l’accusa, contro i mafiosi accusati di omicidio e per conto delle famiglie degli ammazzati. 
Corleone nell’immediato dopoguerra era un grosso borgo agricolo in cui la mafia la faceva da sempre da padrona. La vita di uno come Placido Rizzotto era combattere ogni giorno contro la violenza e le minacce. All’alba, insieme a quei pochi compaesani che avevano resistito alle intimidazioni, andava a dorso di mulo sulle alture circostanti e piantava una bandiera rossa, in modo che dalla piazza principale del paese si vedesse che anche quel giorno sindacalisti e contadini avevano conquistato un altro pezzo di terra. Fra la strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947) e le elezioni del 18 aprile 1948, la strategia della tensione su scala sicula fa sì che molti, spaventati dalla catena di morti ammazzati, inizino ad abbandonare la lotta per le terre.
Molti, ma non Placido Rizzotto. Che faceva valere anche fisicamente il suo metro e sessantacinque di muscoli contadini. Così a Luciano Liggio toccò l’umiliazione di essere sopraffatto in un duello a mani nude con Rizzotto, e finire appeso all’inferriata di un cancello. Mentre all’allora capo di Liggio, il boss di Corleone Michele Navarra, Rizzotto infligge lo sfregio di un rifiuto: come presidente dell’Anpi di Palermo, dice no alla domanda di iscrizione del dottor Navarra. Motivazione: “Lei non è né combattente, né reduce”.
Finirà male per Rizzotto, come sappiamo. Perché non solo i suoi assassini e i mandanti furono assolti per insufficienza di prove, ma i suoi resti – ripescati dalla foiba di Rocca Busambra un paio d’anni più tardi e mal custoditi – verranno riconosciuti ufficialmente grazie alla prova del Dna solo 64 anni dopo, il 9 marzo 2012. Mentre sul sangue di quegli anni si è consolidato nella regione un assetto di potere basato sul controllo totale delle terre da parte della mafia, a braccetto con il notabilato democristiano che ne ha governato per decenni le istituzioni.

sabato 19 maggio 2012

CONDANNA E SOLIDARIETA' PER LA BOMBA ALL'ISTITUTO MORVILLO DI BRINDISI

Il Direttivo dell'ANPI di Trezzo sull'Adda esprime cordoglio per Melissa, speranza per Veronica, un augurio di pronta guarigione ai ragazzi feriti e ferma condanna per, così sembrerebbe, dell'attentato all'istituto Morvillo di Brindisi.

Il Direttivo e il Presidente della sezione ANPI di Trezzo sull'Adda





giovedì 10 maggio 2012

L'Anpi di Genova: "Respingere la violenza, difendere la democrazia"

"Respingere la violenza, difendere la democrazia": questo il titolo che l'Anpi di Genova ha dato alla sua presa di posizione subito dopo l'attentato all’ingegner Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare.

"Un grave fatto ha colpito la nostra città e la nostra coscienza di democratici: l’attentato, per opera di sconosciuti, all’ingegner Adinolfi, Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare. Questi figuri - si legge - dopo averlo seguito gli hanno sparato a bruciapelo ferendolo, per fortuna, non in modo grave. L’ANPI di Genova esprime a lui, alla sua famiglia e alla società Ansaldo piena solidarietà e auspica che nel più breve tempo possibile gli autori di questo crimine siano consegnati alla giustizia".

"E’ un episodio grave in se - si rileva - ma è reso ancor più grave per il contesto in cui si viene a collocare. Stiamo vivendo una fase molto difficile e delicata nel Paese e nella nostra città ed eventi criminali come quello di stamane sono pericolosi per la stessa convivenza democratica, proprio nel momento in cui milioni di cittadini sono chiamati al rinnovo delle amministrazioni comunali, Genova compresa. La nostra città ha già vissuto nel passato fatti analoghi che l’hanno segnata profondamente, contro quella deriva, in prima fila si sono battuti il mondo del lavoro e le sue organizzazioni, pagando anche duramente quella scelta".

"Oggi, come allora - si conclude - di fronte alle provocazioni e agli atti di terrorismo si deve rispondere con l’unità e la fermezza delle forze che si riconoscono nella Costituzione e nei valori della democrazia, contro ogni violenza, contro ogni tentativo di destabilizzare la già difficile situazione industriale del nostro Paese e più in generale l’ordinamento democratico".

mercoledì 2 maggio 2012

Discorso del Presidente della sezione ANPI di Trezzo sull'Adda - 25 aprile 2012




Care cittadine e cari cittadini. Autorità civili, militari, religiose, sindacati, partiti ed associazioni.

Oggi siamo qui insieme per festeggiare il 67essimo anniversario della Liberazione dall’oppressione nazifascista.

Voglio iniziare ricordando due persone, e attraverso loro tutti quelli che si sono sacrificati per liberare il nostro paese dalla dittatura fascista, esempi per tutti noi. La prima, ci ha lasciato pochi mesi fa, è Celeste Albani il partigiano “Pippo”. L’altra è Don Giovanni Barbareschi giovane “Aquila Randagia” di 90 anni; uomo libero, prete e partigiano che, con la sua presenza a Trezzo sull’Adda, ci ha fatto vivere emozioni non facilmente dimenticabili.

Veniamo all’oggi.

Viviamo in una realtà planetaria schiacciata sotto il peso di una complessità  dai risvolti drammatici. Un groviglio di questioni gravi e di portata enorme: dalle disuguaglianze alle guerre, al terrorismo, allo sfruttamento rapace delle risorse naturali e dell’ambiente.

Viviamo il dramma di società frantumate da un insieme di interessi contrastanti, che la politica fatica a comporre e a ricondurre all’unità superiore dell’interesse generale.

Società liquide dove è smarrito un qualsiasi punto di consistenza e un solido riferimento a valori ed ideali. Lo dimostra la crisi non soltanto economico-sociale, ma etica e di valori della società italiana che deve uscire dai modelli ormai diffusi dell’individualismo, dell’arricchimento facile, della visibilità ad ogni costo, del successo senza impegno e sacrificio.

Nonostante gli interventi messi in atto per rilanciare la crescita dell’economia, nonostante le dimensioni cospicue delle misure di sostegno approntate, Stati Uniti ed Unione Europea non riescono a superare la fase di recessione, la più grave dalla Grande Depressione degli anni Trenta, per intensità, per durata, per la problematicità nella scelta delle politiche economiche e sociali da intraprendere.

Tale drammatica crisi economico sociale oltre ad aggravare le condizioni di vita di milioni di cittadini e ad acuire la piaga della disoccupazione giovanile, rischia di provocare ripercussioni pericolose sotto lo stesso profilo democratico, mettendo a repentaglio fondamentali diritti e importanti conquiste realizzate nel corso del Novecento.

La crisi, inoltre, accentua e rende ancora più pericolosi i già preoccupanti fenomeni dovuti al rifiorire di formazioni neofasciste e neonaziste. In Europa populismo, nazionalismo, estremismo di destra e neonazismo tendono sempre più ad accavallarsi e sovrapporsi, mescolandosi l’uno nell’altro.

Simile la scelta da parte di partiti o movimenti populisti o neofascisti di scagliarsi, in primo luogo, contro un nemico esterno, di volta in volta identificato nei rom, negli ebrei, nei musulmani o negli stranieri in genere.

Nel nostro Paese si è ulteriormente aggravata la caduta dei valori che sono alla base dello Stato di diritto, crescono e si allargano le disuguaglianze sociali, viene periodicamente messo in discussione il principio della divisione dei poteri su cui si fonda la democrazia repubblicana, mentre non possono essere più consentite tolleranze e connivenze nei confronti di chi si ostina a negare il carattere antifascista della nostra Costituzione alla quale dobbiamo costantemente richiamarci.

Ecco perché il tema centrale della manifestazione nazionale che si svolgerà a Milano il 25 Aprile è costituito quest’anno dalla necessita di uscire dalla crisi con più democrazia, socialità, uguaglianza e diritti.

Superare questo gravissimo momento, ed è questo il secondo tema di questo 25 Aprile, significa anche battersi per la realizzazione dell’unità politica e democratica dell’Europa, come era nella visione contenuta nel Manifesto per l’Europa Libera ed Unita, o Manifesto di Ventotene, redatto nel 1941 da Altiero Spinelli fondatore, nel 1943, del Movimento Federalista Europeo.

L’Europa degli stati illimitatamente sovrani, attraversati da un esasperato nazionalismo, ha prima dominato altri continenti e poi distrutto se stessa, trascinando l’intero mondo nella tragedia della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Per avere sofferto dei propri errori l’Europa, nel secondo dopoguerra, ha imboccato la strada nuova della limitazione dei poteri sovrani. Ma l’Europa non deve indugiare troppo a riprendere questo cammino: lo esige la sfida posta dal mondo globalizzato dell’economia; ancor più lo richiede la necessità di conservare e offrire all’umanità quel patrimonio di civiltà, di cultura che l’Europa ha costruito nei secoli,con lo Stato di diritto, i principi della laicità dello Stato e della libertà religiosa.

Oggi si parla di patto di stabilità e di austerità in Europa. Ma accanto alla stabilità va affermata una politica europea di crescita, di occupazione, di sviluppo, soprattutto a vantaggio dei giovani. “Abolire la miseria”: così si intitolava il libro che Ernesto Rossi, militante di Giustizia e Libertà, scrisse in carcere nel 1942. Certe volte dimentichiamo che il pensiero di unirsi in una Federazione è un progetto che scruta le ragioni per cui gli individui possono immiserirsi al punto di disperare.

È chiaro che se all’Europa monetaria non si aggiungerà al più presto l’Europa politica e se questa non riuscirà a colorarsi di equità sociale e di solidarietà, ne pagheremo tutti le conseguenze e ci resterà il rammarico dell’ennesima occasione perduta.

Questi sono i temi sui quali chiameremo i cittadini, i democratici, gli antifascisti ad una straordinaria mobilitazione in occasione del 25 Aprile che dovrà costituire non solo un momento di festa ma di ferma rivendicazione a difesa della democrazia e per la costruzione di una società più libera e più giusta.

Non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo della Resistenza è stato quello di un radicale rinnovamento politico, morale e sociale del Paese, di cui la lotta antinazista e antifascista non è stata altro che la premessa e la via.

Questa preziosa eredità della Resistenza che ha trovato il suo più importante sbocco nella Costituzione repubblicana, deve essere sempre al centro del nostro impegno di cittadini.

Concludo con una nota personale. Quest’anno il 25 aprile mi ha fatto conoscere diverse realtà della nostra Trezzo. Ho potuto toccare con mano quanto sia diffusa la sensibilità per la Resistenza, e i suoi significati più profondi, nel tessuto cittadino tra i trezzesi, le associazioni e altre importanti istituzioni.

Questa esperienza mi ha fatto capire ciò di cui avevo solo la sensazione: Trezzo sull’Adda è una città dalle vive e solide tradizioni antifasciste e democratiche. Talmente diffuse e antiche che l’alternanza al governo cittadino di partiti, con diverse sensibilità ai significati del 25 aprile, potranno mai scalfire.

Ciò impegna  le istituzioni cittadine e l’ANPI, ognuna con le proprie peculiari responsabilità dovute al rispettivo ruolo,  ad essere sempre all’altezza di queste tradizioni.


W la Resistenza, W la Repubblica W la Costituzione.