Il 25 aprile cade in un momento di gravissima crisi
per il Paese: pesante instabilità economica, un livello occupazionale mai così
basso, una situazione che costringe molte famiglie addirittura al livello della
disperazione, uno scenario politico segnato da una devastante confusione, da
una forte caduta di valori e infine da una diffusa rabbia sociale – derivante
da una pesante incertezza del futuro – che spesso si traduce in atti e linguaggi
di preoccupante violenza.
Siamo oggi qui
ad auspicare e a cercare di realizzare, con la partecipazione e l’impegno individuale
nella vita quotidiana, un sentiero di
profonda inversione di rotta e solida ricostruzione nel sentiero tracciato dalla Costituzione - ancor
‘oggi disapplicata e ignorata quando non avversata - unica garanzia di un Paese
libero, civile e cosciente.
L’Italia ha bisogno di
ritrovare i punti fermi di una democrazia normale. Un Parlamento che funzioni
nella serietà e nella trasparenza, di una politica “buona”, di organi di
garanzia che fondino la loro autorevolezza sul richiamo ai valori della
Costituzione nata dalla Resistenza.
I valori per i
quali coloro, i cui nomi sono impressi in quella lapide e su molte altre in
Italia e non solo, hanno combattuto e sono morti. Quei valori devono aiutarci dalla tentazione di tirarci
fuori, di affidare il timone delle scelte e della guida pubblica alla casualità
e non all’impegno di ognuno di noi nelle varie formazioni associative previste
dalla nostra Costituzione. Dobbiamo liberare il futuro da interessi personali e
tentativi di riedizioni di pratiche e culture politiche che hanno mortificato,
diviso e gettato nella disgregazione l’Italia. Dobbiamo impegnarci contro ogni
forma di degenerazione morale e politica e contro ogni rischio di populismo e
autoritarismo.
E’ necessario che si torni ad incontrarci a riflettere
insieme: in una parola a partecipare e ridare ossigeno a una democrazia in
difficoltà. E un appello a chi ha il dovere costituzionale di amministrare e di
garantire, soprattutto ora in una fase di forte debolezza dei cittadini, i
diritti: non sono più tollerabili condotte che non siano trasparenti e
responsabili; non è più sostenibile una situazione di disuguaglianza, di
incertezza e di precarietà.
Spero che questo 25 aprile sia una festa grande,
partecipata, celebrata in ogni angolo d’Italia, un’infinita piazza che rimetta
in moto la speranza e ridisegni il volto del Paese nel solco delle sue radici
autentiche mai troppo ricordate: l’antifascismo e la Resistenza da cui derivano
la nostra Costituzione e la nostra Repubblica.
A tale proposito voglio ricordare da dove sono partite
le radici di questo Paese.
La prima è una donna. Fu partigiana, comandante di
compagnia, nome di battaglia Chicchi, poi componente della Costituente: Teresa
Mattei recentemente scomparsa. Teresa fu colei che diede il colore giallo all’8
marzo facendo adottare, quale simbolo della giornata internazionale delle
donne, la mimosa. Fu tra le fondatrici
dell’ Unione delle Donne Italiane, famosa come UDI, che, ancora oggi, si batte
per i diritti delle donne, non ancora completamente realizzati, e a loro difesa
laddove vengono minacciati. Ma fu, soprattutto, tra coloro che collaborarono a
scrivere l’articolo 3 della nostra Costituzione:
Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali.
È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La seconda, non meno importante, sono gli operai.
Quegli operai che 70 anni fa, con gli scioperi di Torino del 5 marzo 1943,
furono il primo segnale del movimento di popolo che portò alla Resistenza e
alla caduta del fascismo. Passati gli anni del protagonismo politico e sociale sembrano
scomparsi dalla scena. Oggi gli operai paiono dimenticati, ma esistono. Ancora oggi, in tempo di crisi, resistono e
cadono. Ricordandoli, quale simbolo del mondo del lavoro nella sua più larga
accezione, mi urge dire:
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul
lavoro.
La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione.
Viva
l’Italia.