giovedì 19 luglio 2012

19 LUGLIO 1992 - 19 LUGLIO 2012 VIA D'AMELIO



PAOLO BORSELLINO
AGOSTINO CATALANO (CAPO SCORTA)
EMANUELA LOI
VINCENZO LI MULI
WALTER EDDIE COSINA
CLAUDIO TRAINA

mercoledì 18 luglio 2012

L'Anpi: "25 aprile, 1° maggio e 2 giugno non si toccano" - dal sito ANPI nazionale

“Il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno non si toccano. Sono i valori su cui si fonda la Repubblica”. Questo in sintesi la posizione della segreteria nazionale dell'Anpi che ieri ha diffuso una nota di protesta circa l'ipotesi del governo di sopprimere o accorpare alcune feste nazionali per aumentare la produttività. Nella “scure” incapperebbero anche le tre festività ben note per essere state già oggetto di tentativi analoghi (25 aprile, 1° maggio, 2 giugno).

L'Anpi gioca d'anticipo: “Non ci si dica che non ci sono altri strumenti per incrementare la produttività e far crescere il P.I.L.; ci sono provvedimenti in corso di esame, da tempo preannunciati, di cui si può accelerare l’iter; e ce ne sono altri, da molti invocati (la patrimoniale, per fare un esempio) che a torto si finge di ritenere improponibili”.

"Dobbiamo essere estremamente chiari: non abbiamo – ovviamente – obiezioni di fronte ai sacrifici che possono essere chiesti ai cittadini in una fase difficile per il Paese; ma che si debba rinunciare alla storia, a quelli che sono i fondamenti comuni del nostro vivere civile, ci sembra davvero troppo. Ci sono festività che nascono da consuetudini o semplici abitudini, che forse possono consentire qualche operazione. Altre, come quelle citate, rappresentano il nostro passato migliore, i valori su cui si fonda la nostra Repubblica: sono, in una parola, la nostra storia. E non vanno toccate".

E si precisa: "Si faccia quello che occorre, per salvare il Paese da una crisi che non ci dà tregua. Ma si lasci al Paese la sua storia, si conservino i suoi valori, quelli a cui la stragrande maggioranza dei cittadini continua a richiamarsi. Questa è la richiesta che formuliamo alle istituzioni pubbliche e in particolare al Governo".

Infine l'appello a tutti gli iscritti e ai aimpatizzanti. "Alle nostre organizzazioni rivolgiamo l’invito ad una mobilitazione immediata e diffusa, assumendo ogni possibile iniziativa, coinvolgendo i parlamentari e le istituzioni territorialmente competenti, sollecitando l’adesione e l’impegno dei cittadini. Il gravissimo proposito che è stato enunciato dalla stampa, se corrispondente ai reali intenti del Governo, dev’essere sventato e respinto, prima di tutto dalla coscienza civile e democratica del popolo italiano".

sabato 2 giugno 2012

EVVIVA LA REPUBBLICA ITALIANA - FESTA DELLA REPUBBLICA 2 GIUGNO 2012


E' stato bello, bello e a costo zero il 2 giugno a Trezzo sull'Adda. Un gruppo di cittadini, di rappresentanti di partito e di una lista civica hanno aderito al nostro strano invito: un flash mob (riunione, che si dissolve nel giro di poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico) per festeggiare il 2 giugno, data in cui si ricorda la proclamazione Repubblica italiana avvenuta nel 1946 in seguito ad un referendum, dal titolo "Evviva la Repubblica italiana". Di flash mob ne sono stati svolti sei partendo da: via Biffi, passando per via Gramsci (di fronte alle scuole elementari), piazzale Gorizia, piazza Libertà, piazza S. Stefano ed infine il Municipio. Queste tappe hanno visto la timida curiosità di alcuni trezzesi contenti di vedere che loro concittadini, semplicemente e sentitamente con la lettura di brani (da Pertini a Borsellino e Falcone, Calamandrei e Iotti, o poesie e i primi dodici articoli della Costituzione), ricordavano una data fondante e carica di significato per il nostro Paese. L'ANPI trezzese continuerà la sua opera di promemoria, e non solo, nei confronti dei propri concittadini: dal Sindaco fino all'ultimo trezzese.

Carmine Femina
Presidente ANPI sezione di Trezzo sull’Adda.



Di seguito i brani letti:



Via Biffi I lettura

Da noi deve partire l'esempio di attaccamento agli istituti democratici e soprattutto l'esempio di onestà e di rettitudine. Perché il popolo italiano ha sete di onestà. Su questo punto dobbiamo essere intransigenti prima verso noi stessi, se vogliamo poi esserlo verso gli altri. Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà. Sandro Pertini



Scuole elementari lapide ai Caduti I guerra mondiale II lettura

[…] La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall'afflusso verso l'alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la possibilità di liberare verso l'alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa temporaneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la sorte concede a ciascuno di noi, contribuire a portare il suo lavoro, le sue migliori qualità personali al progresso della società [...]. Pietro Calamandrei - 1950



Piazzale Gorizia III lettura

C'è un equivoco di fondo.

Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No! La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali. – Paolo Borsellino

La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni. – Giovanni Falcone

  Piazza Libertà IV lettura

CANTO DEGLI ULTIMI PARTIGIANI - di Franco Fortini

Sulla spalletta del ponte
le teste degli impiccati
Nell'acqua della fonte
La bava degli impiccati.

Sul lastrico del mercato
Le unghie dei fucilati
Sull'erba secca del prato
I denti dei fucilati.

Mordere l'aria mordere i sassi
La nostra carne non è più d'uomini
Modere l'aria mordere i sassi
Il nostro cuore non è più d'uomini.

Ma noi s'è letta negli occhi dei morti
e sulla terra faremo libertà
Ma l'hanno stretta i pugni dei morti
La giustizia che si farà.

Piazza Santo Stefano V lettura

[…] Il barbaro assassinio del professor Bachelet ci richiama crudamente alla necessità di non abbandonarci ad una sorta di assuefazione e di rassegnazione al terrorismo. Le ormai innumerevoli vittime dell'attacco eversivo - da Aldo Moro, a Guido Rossa, a Emilio Alessandrini, a Piersanti Mattarella, ai tanti lavoratori, agenti di polizia, carabinieri, giornalisti, dirigenti di azienda, come ancora l'altro giorno a Milano - sono altrettante tappe del tentativo di creare un clima di guerriglia in tutto il paese, in ogni centro di aggregazione civile e sociale. La posta in gioco è elevatissima e richiede, da ciascuno di noi e tutti insieme, una mobilitazione costante, un impegno senza soste, una diuturna resistenza. Senza questa partecipazione di massa, senza l'impegno politico e civile di tutti, senza una piena consapevolezza della gravità del momento, non c'è salvezza. Tanto più oggi, di fronte ad una fase cosi delicata di tensioni economiche, sociali e politiche, interne ed internazionali. […] […]Voglio qui ribadire che la democrazia si difende con la democrazia e con la massima unità e coesione tra le forze sociali e politiche che hanno costruito, con la Resistenza e la Costituzione, la nostra Italia repubblicana […] – Nilde Iottti intervento alla Camera dei Deputati sull’assasisnio di Vittorio Bachelet - 1980



Via Roma – Municipio VI lettura
Articolo 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Articolo 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Articolo 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Articolo 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

Articolo 6
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Articolo 7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Articolo 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Articolo 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Articolo 10
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

Articolo 11
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Articolo 12
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.




giovedì 31 maggio 2012

IN MEMORIA DEI MORTI DEL SISMA IN EMILIA ROMAGNA



MAURO MANTOVANI
 MIRANDOLA (MO)

IVA CONTINI
DANIELA SALVIOLI
ENZO BORGHI
CAVEZZO (MO)

SERGIO COBELLINI
CONCORDIA (MO)

GIANNI BIGNARDI
KUMAN PAWAN
MUHAMED ARZAK
SAN FELICE (MO)

PAOLO SICLARI
GIORDANO VISCONTI
BIAGIO SANTUCCI
MATTEO SERRA
MEDOLLA (MO)

LI HONGLI ZHOU
ENEA GRILLI
EDDY BORGHI
VINCENZO IACONO
MIRANDOLA (MO)

DON IVAN MARTINI
ROVERETO DI NOVI (MO)


lunedì 28 maggio 2012

Relazione di Roberto Cenati all’Assemblea Presidenti di sezione Milano 26 maggio 2012


Stiamo entrando in un quadro  complesso e difficile, anche se non privo di alcune novità importanti. Anzitutto, la Francia. Ha vinto il socialista Hollande, seguace di Jacques Delors, il grande europeista.

Nei propositi del neo Presidente si intravede la Francia che l’ha votato. Non è stata quella ansiosa di ristabilire le frontiere, spesso sospettosa verso l’Europa colpevole di ridimensionare il concetto di nazione e, nelle sue punte estreme, venata da una xenofobia che Sarkozy, per recuperare i voti del Fronte Nazionale di Marine Le Pen (19% dei consensi), non ha approvato, ma ha accarezzato.

A parte la soddisfazione dei democratici di tutta Europa per il risultato delle elezioni in Francia, e per il successo dei socialdemocratici in Westfalia,  resta il fatto che le cose possono cambiare a livello europeo e qualche correzione può essere apportata agli indirizzi di un liberismo senza regole e di un rigore troppo rigido, non accompagnato da crescita e sviluppo.

A livello europeo, si aprono, dunque, orizzonti nuovi e non si può che prenderne atto, con soddisfazione e speranza.

Delicata, invece, la situazione della Grecia. Nel voto del 6 maggio che ha anche visto la preoccupante avanzata di Alba Dorata, il partito neonazista greco (7% dei voti e 21 seggi in Parlamento), la maggioranza del Paese ha rigettato la medicina dell’austerità che la Grecia sta ingerendo da due anni, senza alcun successo, ma anzi precipitandolo in una recessione funesta per la stessa democrazia:  una recessione che ricorda Weimar con pericoli di derive autoritarie all’orizzonte.

George Papandreu, dopo le dimissioni da primo ministro, sosteneva che solo europeizzando la crisi greca si sarebbe trovata la soluzione. Ma le sue parole caddero nel vuoto. Se la Grecia dovesse uscire dall’Europa sarebbe un fallimento per tutti, con gravissime ripercussioni sulle economie dei Paesi vicini: Spagna, Portogallo innanzitutto.  Vorrebbe dire che non siamo stati capaci di sormontare la prima esemplare rovina dei vecchi stati nazione e che non abbiamo fatto della Grecia un caso europeo. Vorrebbe dire che l’Europa non ha visto il nesso tra crisi dell’economia, della democrazia, della politica.

Lo stesso G8 appena terminato ha indicato la strada: l’Europa deve decidere non soltanto le politiche necessarie per riavviare e rilanciare la domanda e lo sviluppo come hanno chiesto sia Hollande che Obama, ma deve soprattutto accordarsi sul futuro dell’Unione. Tentazioni autoritarie stanno inoltre emergendo in vari punti del continente. Non possono essere ignorate e vanno combattute. Così pure l’indifferenza e il populismo che rafforza quelle tentazioni. A queste pulsioni bisogna contrapporre la responsabilità democratica, il rinnovamento riformatore. L’obiettivo è quello di costruire un’Europa democratica, politicamente ma anche socialmente unita, come abbiamo dichiarato nell’appello del 25 Aprile scorso. 

Il quadro politico in Italia

Venendo all’Italia il dato che emerge dalle elezioni amministrative è costituito dal mutamento strutturale del rapporto di forza tra i due poli, con il crollo del centro destra e della Lega. Fino a ieri, tra i comuni con più di 15 mila abitanti, il centrodestra ne amministrava 98, il centrosinistra 56. da oggi è l’opposto: il centrosinistra governa 95 città, il centrodestra solo 34. E’ il caso di Genova, Alessandria, Como, Piacenza, Lucca, L’Aquila, Palermo, Brindisi, Taranto. Nella nostra regione cadono le roccaforti del centrodestra a Monza, Como, Legnano, Lissone. Il centro-sinistra si conferma a Sesto San Giovanni e vince a Buccinasco, Abbiategrasso, Magenta, San Donato, Senago.

Clamoroso il successo dei movimenti che raccolgono la protesta, con pericolose caratterizzazioni antipolitiche e qualunquistiche, ma che non sanno indicare precisi e concreti sbocchi. E’ il caso del Movimento Cinque Stelle che ottiene il primo sindaco d’Italia a Parma. Altro dato da rilevare. A differenza di Grecia e Francia non c’è in Italia un partito di estrema destra in grado di catturare consensi consistenti e di affermarsi in modo significativo. Ma il dato forse più preoccupante è costituito dall’astensionismo. E’ questo un fenomeno estremamente grave, che può avere ripercussioni pericolose per la stessa tenuta democratica nel nostro Paese. E’ più che mai indispensabile che il baratro sempre più profondo che si è aperto tra cittadini – istituzioni - politica venga rapidamente colmato.

Compito di un’Associazione come la nostra è quello di rilanciare in una società che sta attraversando una profonda crisi etica il richiamo alla Costituzione repubblicana, ai valori della Resistenza e dell’ antifascismo che Vittorio Foa considerava come l’affermazione di una politica dotata di principi, restituendo all’impegno politico tensione ideale, progettualità e proiezione verso l’avvenire. Questi richiami sono troppo spesso assenti nel dibattito politico attuale. Basti pensare che nella terminologia ricorrente sono completamente scomparsi termini importanti  “come progresso materiale e spirituale della società”  ribaditi nella stessa Costituzione repubblicana, che attende ancora di essere attuata.

Il ruolo dell’ANPI che non può essere quello di partito politico, ma di coscienza critica della società, deve andare  nella direzione di richiamare la dimensione etica della politica che va posta al servizio del bene comune e non di interessi di parte, come ci ha insegnato l’intera vicenda resistenziale.

Enrico Berlinguer in un’intervista pubblicata su “la Repubblica” il 28 luglio del 1981, undici anni prima dell’inizio di Tangentopoli avvertiva già i pericoli incombenti sulla nostra democrazia e sosteneva : “I partiti non fanno più politica. Hanno degenerato e questa è l’origine dei mali d’Italia. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani, oppure distorcendoli senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello: non sono più organizzazioni che promuovono la maturazione civile e l’iniziativa del popolo, ma piuttosto federazioni di correnti. La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendovi dei ladri, dei corrotti,  bisogna scovarli e denunciarli. La questione morale nell’Italia di oggi fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica. Ecco perché la questione morale è il centro del problema italiano ed ecco perché i partiti possono provare ad essere forze di serio rinnovamento politico soltanto se affronteranno in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche”.

I rischi eversivi


In questa delicata fase di grave crisi del Paese occorre anche aumentare la nostra vigilanza ed attenzione, a fronte di altri gravi fenomeni che si stanno verificando.

Ci riferiamo al sanguinoso attentato avvenuto Sabato 19 Maggio 2012 a Brindisi all’entrata della Scuola Morvillo Falcone che ha provocato la morte di una ragazza di 16 anni e il ferimento di altre dieci. E’ la prima volta che viene colpita e violata una scuola nel nostro Paese, con l’obiettivo di creare paura in un luogo considerato da tutti sacro e inviolabile. Quello di Brindisi è un attentato odioso, non soltanto perché si prefiggeva di compiere una strage di giovanissimi studenti, ma perché rappresenta  un attacco violento alla cultura, strumento indispensabile per combattere la barbarie. E’ nella scuola infatti che si formano le coscienze dei giovani, ai quali vengono forniti quegli strumenti culturali e critici in grado di analizzare e capire la realtà. Antonino Caponnetto, il padre del pool antimafia di Palermo  diceva che i violenti, i mafiosi, i terroristi temono più le scuole che le aule di giustizia. E nei giorni in cui  era prefetto di Palermo, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa impiegava una parte importante del proprio prezioso tempo per recarsi nelle scuole e sensibilizzare i ragazzi sull’importanza di una cultura della legalità da contrapporre a un  fenomeno drammatico come quello della criminalità mafiosa.

Gravissimo è  l’attentato compiuto a Genova il 7 Maggio 2012  nei confronti di Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare. L’attentato è stato rivendicato dalla Federazione anarchica informale che preannuncia di voler colpire altre sette volte. La nostra ferma condanna si estende anche ai numerosi atti di violenza e intimidazione contro le sedi di Equitalia. C’è da allarmarsi perchè non vorremmo che incominciasse un'altra stagione di stragi, attentati e di atti terroristici. Una preoccupazione fondata, dunque, che deve metterci all’erta, farci avvertiti dei pericoli e che richiede una ferma risposta unitaria di tutte le forze democratiche per la difesa della legalità.
Manifestazione nazionale a Roma di CGIL-CISL-UIL su Costituzione e lavoro il 2 Giugno 2012

Abbiamo appreso, con piacere, che le grandi Confederazioni hanno ritrovato l’unità e faranno insieme una grande manifestazione il 2 giugno su sviluppo e lavoro, giorno in cui festeggiamo la Repubblica e la Costituzione. Fra l’altro, quest’anno sarà impossibile realizzare la manifestazione unitaria e pluralista degli anni scorsi, a Milano, per la presenza – in quei giorni – nella nostra città, del Pontefice con una serie di manifestazioni e di iniziative che intendiamo rispettare.

Il Comitato milanese 2 giugno per la Costituzione ha inviato una lettera alle Segreterie nazionali di CGIL-CISL-UIL, nella quale ribadisce la volontà, per il prossimo anno, di riproporre la manifestazione a Milano per la festa della Repubblica e della Costituzione, ma questa volta chiedendo anche a CISL e UIL di parteciparvi.

Rendo nota, inoltre, una decisione molto importante della Curia di Milano. Domenica 27 maggio 2012 alle ore 17,00 una corona verrà posta da Monsignor De Scalzi, a nome della Diocesi Milanese, al Monumento del Deportato al Parco Nord. All’iniziativa sono stati invitati il Presidente della Provincia di Milano, i Sindaci di Milano, di Cinisello Balsamo, di Bresso, di Sesto San Giovanni, di Cusano Milanino, di Cormano, l’ANPI e l’ANED.

La difesa del principio della divisione e dell’equilibrio dei poteri

Il 2 Giugno costituirà per noi l’occasione per manifestare, ancora una volta il nostro appassionato legame alla Costituzione italiana, guida e faro sicuro e intangibile della nostra convivenza civile. E ancora una volta ribadiremo il nostro antifascismo, contro ogni tendenza o vocazione populista e autoritaria e contro ogni rigurgito di neofascismo e neonazismo.

Sarà, ancora una volta, l’occasione per ribadire che la Costituzione italiana è fondata sul lavoro e garantisce l’esplicazione di tutti i diritti, civili, politici, sociali ed umani. E’ a questo imperativo categorico che debbono ubbidire i governi del Paese, perché è la Carta costituzionale che costituisce la guida e il punto di riferimento dell’intera vita del nostro Paese.
Dobbiamo comunque essere molto attenti contro i pericoli di modifica della nostra Carta Costituzionale, difendendo il principio della divisione e dell’equilibrio dei tre poteri su cui si fonda la nostra democrazia. E’ di questi giorni la notizia che Berlusconi ha rilanciato la proposta dell’elezione diretta del capo dello Stato (semi-presidenzialismo alla francese), mentre anche Montezemolo che sta lavorando alla costruzione di una nuova formazione politica “Italia Futura”, pensa alla riforma dello Stato e al lancio di una Assemblea Costituente. Ma ancor prima che ciò trapelasse, in un articolo apparso sul “Corriere della Sera” il 18 maggio 2012, dal significativo titolo “La Costituzione non è merce di scambio”, il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida metteva in guardia dalla possibilità che venga approvato, nel silenzio generale, come avvenuto a proposito della modifica in tema di equilibrio del bilancio varata con la legge costituzionale n. 1 del 2012, un progetto di riforma costituzionale, in discussione nella Commissione Affari Costituzionali del Senato,  che metterebbe mano a parti centrali e delicate dell’impianto costituzionale. In particolare nel progetto vengono toccati punti che riguardano anche il rafforzamento dei poteri del governo. La tesi secondo cui il Presidente del Consiglio avrebbe oggi troppo pochi poteri è in realtà non vera. I poteri istituzionali (quelli politici effettivi dipendono da fattori politici) del primo ministro sono tutt’altro che scarsi nel regime parlamentare che ci caratterizza (basti pensare alla questione di fiducia che il Presidente del Consiglio può porre davanti alla Camere). Tali poteri diventerebbero ancor più consistenti se si modificassero le regole sui procedimenti legislativi. C’è invece un provvedimento che questo Parlamento non dovrebbe tardare ad approvare: ed è una diversa legge elettorale. Ma questo non ha a che fare con le modifiche della Costituzione, semmai con una sua migliore attuazione.

Festa Nazionale ANPI a Marzabotto

 “un luogo che parla da sé, un concentrato simbolico fortissimo”.

Il 29 settembre 1944  Marzabotto fu la tragica tappa finale di una «marcia della morte» che era iniziata in Versilia. La strage che assunse simbolicamente il nome di Marzabotto anche se i paesi colpiti furono molti di più, fu compiuta dalle SS del maggiore Walter Reder, cui si erano uniti, in Lunigiana anche elementi delle Brigate nere di Carrara. L'esercito alleato indugiava davanti alla Linea Gotica e il maresciallo Albert Kesserling, per proteggersi dall'«incubo» dei partigiani, aveva ordinato di fare “terra bruciata” alle sue spalle.

Il programma della festa prevede momenti importanti: un dibattito sulle stragi nazifasciste, sulla normalità della Resistenza, sulla legalità e le mafie, sui rigurgiti neofascisti e neonazisti.
L’ANPI Lombardia avrà un proprio stand. L’ANPI di Milano ha organizzato un pullman per Sabato 16 Giugno 2012 e l’ANPI di Sesto un pullman per Domenica 17 Giugno 2012.

Piano di lavoro

Per quanto riguarda il tesseramento abbiamo ad oggi consegnato alle Sezioni di Milano e Provincia  un numero di tessere superiore agli iscritti dello scorso anno: oltre 9.341, contro i 9.319 del 2011;. ma mancano ancora diversi mesi che ci separano dalla chiusura della campagna del tesseramento. Nuove sezioni sono state aperte in città e in Provincia. E’ stata anche costituita sui luoghi di lavoro la Sezione della Telecom.

Recentemente è stato approvato, dopo 68 anni, il regolamento nazionale della nostra Associazione, la cui bozza era stata sottoposta ed approvata, con alcune modifiche, dal Comitato provinciale di Milano.

A giugno dovremo convocare il Comitato Permanente Antifascista per l’organizzazione della manifestazione che ogni anno promuoviamo il 10 agosto, nella ricorrenza dell’eccidio dei 15 Martiri in piazzale Loreto.

Ad ottobre prevediamo l’avvio del corso dedicato alla Resistenza europea e al revisionismo che sarà tenuto dai professori Luigi Ganapini e Luigi Borgomaneri.  


giovedì 24 maggio 2012

2 GIUGNO 2012 - EVVIVA LA REPUBBLICA ITALIANA

L'ANPI di Trezzo sull'Adda organizza un flashmob (riunione, che si dissolve nel giro di poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico) per la Festa della Repubblica del 2 giugno 2012. Il percorso sarà il seguente:

sabato 2 giugno ore 10 ritrovo in via Biffi ...
(nei pressi dell'edicola) I tappa
via Gramsci davanti alla lapide ai caduti delle scuole elementari II tappa
piazza Crivelli III tappa
piazza LIbertà IV tappa
piazza S. Stefano V tappa
Municipio VI ed ultima tappa

La sosta nello spazio pubblico dovrà essere tale da non intralciare la viabilità, gli spostamenti dovranno essere anch'essi ordinati e rispettosi della viabilità.

Durante la riunione l'unica persona dotata di movimento sarà l'oratore, diverso ad ogni tappa, tutti gli altri partecipanti si disporranno fermi nella posizione che meglio crederanno.

Ogni tappa durerà dai 3 ai 5 minuti durante i quali verranno letti dei brani. L'ultima lettura, in Municipio, riguarderà i primi 12 articoli della Costituzione italiana.

Sono invitati, sindacati, partiti, liste civiche, associazioni e ovviamente semplici cittadini.

Unica bandiera consentita quella italiana.

Partecipate numerosi, invitate più persone possibili.

P.s: chi fosse in possesso di un megafono è pregato gentilemente di portarlo in modo da non far sgolare l'oratore, altrimenti useremo i nostri potenti polmoni.



24 MAGGIO 2012 FUNERALI DI STATO PER PLACIDO RIZZOTTO



CORLEONE (PALERMO) – La sera del 10 marzo 1948 Placido Rizzotto, sindacalista socialista, 34 anni, fu sequestrato da un gruppo di persone guidato dal giovane mafioso Luciano Leggio detto Liggio. Lo circondarono in strada a Corleone, lo caricarono sulla 1100 di Liggio, lo portarono in una fattoria di Contrada Malvello, lo picchiarono a sangue e gli fracassarono il cranio. Poi buttarono il suo corpo in una foiba di Rocca Busambra.
Presi dalla furia del pestaggio, non si erano accorti che all’assassinio aveva assistito un piccolo pastore, Giuseppe Letizia, 12 anni. Che tornò a casa sconvolto dalla scena. Il padre scambiò i suoi vani tentativi di raccontare quello che aveva visto per un delirio febbrile e lo portò il 13 marzo all’ambulatorio del dottor Michele Navarra, che dichiarò che il ragazzino non aveva nulla, ma capì molto bene il suo racconto: Navarra era il padrino di Corleone e Liggio era affiliato alla sua cosca.
Gli fece, “per sbaglio”, un’iniezione d’aria. Letale, stando al rapporto del dottor Ignazio Dall’Aira, che ne constatò la morte il giorno dopo, per “tossicosi”. Chi indagò sul delitto Rizzotto non potè però contare sulla testimonianza di Dall’Aira, che improvvisamente partì per l’Australia e non tornò più in Italia.
Chi indagò sul delitto era il capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e non fu l’unica biografia o vicenda storica importante a incrociare l’assassinio di Placido Rizzotto. Dalla Chiesa fu ucciso in un attentato a Palermo nel 1982, perché voleva fare con Cosa Nostra quello che gli era riuscito con le Brigate Rosse. Il posto di Placido Rizzotto alla guida della Camera del Lavoro di Corleone fu preso dal comunista Pio La Torre, anch’egli ucciso dalla mafia nel 1982. Mentre il giovane Luciano Liggio fece una grande “carriera” nella mafia: fece uccidere Navarra, diventando il capo del clan dei corleonesi. Poi, insieme ai “compari” Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano e Totò Riina, si “prese” Cosa Nostra.
Ma riavvolgiamo il nastro degli avvenimenti al 1914, anno di nascita di Placido Rizzotto. Il piccolo Placido da subito non ebbe vita facile, perché, nato povero, a sette anni rimase orfano di madre e a otto gli toccò assistere alla scena del padre portato via dai carabinieri, ingiustamente accusato di associazione a delinquere. Con queste premesse il fronte della seconda guerra mondiale dovette sembrargli contesto non così terribile. Infatti in guerra si distinse, arrivando sui monti della Carnia come caporale e diventando prima caporal maggiore e poi sergente. Dopo l’armistizio, Rizzotto passò con i partigiani, unendosi alle Brigate Garibaldi come socialista.
La sua resistenza continuò anche quando tornò in Sicilia, dove venne eletto presidente dell’associazione combattenti e reduci, l’Anpi di Palermo e della Camera del lavoro di Corleone. In quegli anni, dal 1944 al 1950, furono tanti i sindacalisti, i militanti dei partiti di sinistra e i contadini uccisi per mano mafiosa e mandante spesso ignoto. Assassinati per la terra. Tutto era iniziato il 19 ottobre 1944, quando il ministro dell’Agricoltura del governo Badoglio, il comunista Pietro Gullo, firmò un decreto in cui si stabiliva che le terre incolte o mal coltivate dagli agrari, dai latifondisti, venissero assegnate alle cooperative di contadini. Una legge valida nel resto d’Italia, un po’ meno in Sicilia. Quello stesso giorno a Palermo, mentre il decreto Gullo entrava in vigore, un plotone del 139° Reggimento fanteria della Divisione “Sabaudia” sparò sulla folla che protestava per la mancanza di pane: 24 morti e ben 158 feriti, tra cui donne e bambini.
In Sicilia i contadini si trovarono fra due fuochi: da una parte la nobiltà e il baronato latifondista, che avevano nella mafia il custode dello status quo, ovvero delle loro proprietà. Dall’altra polizia e carabinieri. Cosa succedeva? Che i mafiosi si opponevano con violenza all’applicazione della legge Gullo. E quando i contadini riuscivano comunque a occupare un pezzo di terra, arrivavano le forze dell’ordine ad arrestarli per “invasione di terre”, perché per essere assegnate dovevano essere dichiarate ufficialmente “incolte”. Contadini, sindacalisti e militanti erano fra il martello della lupara e l’incudine delle manette. Ha scritto Marcello Sorgi su La Stampa:
Mentre il movente “politico” o “mafioso” degli assassinii dei contadini difficilmente veniva riconosciuto, la natura “politica” di sovvertimento dell’ordine pubblico delle occupazioni era utilizzata per prolungare la carcerazione preventiva degli arrestati: aggravando, con l’assenza dei capifamiglia, la condizione dei loro parenti. Così, quando non erano le lupare a tuonare (vedi la strage di Portella della Ginestra), la battaglia simbolica per l’occupazione delle terre generava presto interminabili contese giudiziarie, con giovani e squattrinati avvocati di sinistra impegnati a difendere i contadini nelle aule di giustizia, dove gli agrari avevano al loro fianco gli avvocatoni monarchici, liberali e democristiani, membri a tutti gli effetti del potere dominante. Ho memoria personale e familiare di quelle vicende perché mio padre Nino Sorgi, penalista, in quel fatale ’48 in cui le vittime della lotta per la terra cominciavano a moltiplicarsi a decine, a soli 26 anni con i colleghi Antonino Varvaro e Francesco Taormina fondò il “comitato di solidarietà”, che doveva assistere gli arrestati per le occupazioni e rappresentare le parti civili, cioè l’accusa, contro i mafiosi accusati di omicidio e per conto delle famiglie degli ammazzati. 
Corleone nell’immediato dopoguerra era un grosso borgo agricolo in cui la mafia la faceva da sempre da padrona. La vita di uno come Placido Rizzotto era combattere ogni giorno contro la violenza e le minacce. All’alba, insieme a quei pochi compaesani che avevano resistito alle intimidazioni, andava a dorso di mulo sulle alture circostanti e piantava una bandiera rossa, in modo che dalla piazza principale del paese si vedesse che anche quel giorno sindacalisti e contadini avevano conquistato un altro pezzo di terra. Fra la strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947) e le elezioni del 18 aprile 1948, la strategia della tensione su scala sicula fa sì che molti, spaventati dalla catena di morti ammazzati, inizino ad abbandonare la lotta per le terre.
Molti, ma non Placido Rizzotto. Che faceva valere anche fisicamente il suo metro e sessantacinque di muscoli contadini. Così a Luciano Liggio toccò l’umiliazione di essere sopraffatto in un duello a mani nude con Rizzotto, e finire appeso all’inferriata di un cancello. Mentre all’allora capo di Liggio, il boss di Corleone Michele Navarra, Rizzotto infligge lo sfregio di un rifiuto: come presidente dell’Anpi di Palermo, dice no alla domanda di iscrizione del dottor Navarra. Motivazione: “Lei non è né combattente, né reduce”.
Finirà male per Rizzotto, come sappiamo. Perché non solo i suoi assassini e i mandanti furono assolti per insufficienza di prove, ma i suoi resti – ripescati dalla foiba di Rocca Busambra un paio d’anni più tardi e mal custoditi – verranno riconosciuti ufficialmente grazie alla prova del Dna solo 64 anni dopo, il 9 marzo 2012. Mentre sul sangue di quegli anni si è consolidato nella regione un assetto di potere basato sul controllo totale delle terre da parte della mafia, a braccetto con il notabilato democristiano che ne ha governato per decenni le istituzioni.